STORYTELLING AND MATHEMATICS: THE CHALLENGE FOR EDUCATION
- TRASCRIZIONE INTERVENTO DI DOXIADIS*
-
Buonasera e grazie per essere qui.
Vi ammiro per essere qui: dovete essere persone molto speciali. Se
questa conferenza fosse stata tenuta ad Atene in Grecia di sabato non
sarebbe venuto nessuno. Quindi è un onore per me essere qui,
grazie a tutti.
Sono venuto qui da uno strano mondo di persone, non molte di noi,
perlomeno non ancora, che hanno pensato di mettere in relazione la
matematica e il modo di raccontare le storie. Questa è una
cosa molto nuova, come sapete tutti, specialmente nella proporzione
in cui sta accadendo adesso.
Quando studiavo matematica, 30 anni fa, non si poteva leggere nulla
di matematica, tranne i libri di testo.
Vi erano una o due biografie, più o meno buone, di matematici; il
libro "Uomini di matematica", un titolo davvero politicamente
scorretto per quei tempi, che ispirò generazioni di matematici e
biografie di matematici, in genere incentrate sulla matematica.
Ma non c'erano film che rendevano celebri dei matematici, Russell
Crowe non avrebbe sperato di recitare il ruolo di un matematico,
sarebbe scomparso da Hollywood; non c'erano opere di teatro come
"Proof", né racconti con parole come "congettura" o
"teorema" nel titolo: era davvero impensabile.
Di sicuro il resto del mondo non sapeva quello che stava perdendo;
intendo il mondo letterario, il mondo dei racconti di storie, che
è il mondo di ogni persona, perché la gente ama le storie, vive
con le storie, cresce con le storie, insegna attraverso le storie e
impara dalle storie.
Ma un giorno qualcosa cambiò, nessuno ha capito esattamente cosa;
ci sono molte teorie al riguardo: per esempio una è che la gente
improvvisamente iniziò a studiare matematica, ebbe qualche buona
idea riguardo l'arricchire il mondo dei racconti di storie e uso il
termine storie e non favole perché non voglio distinguere molto le
storie vere, come le biografie, da quelle fantastiche, in quanto in
molti punti l'intersezione è molto interessante e credo che sia
proprio quello di cui stiamo parlando.
Qualcuno sostiene che la matematica è diventata di moda e questo
ovviamente impressiona molto i matematici. Da questo la nascita di un
nuovo termine "mathploitation", come "exploitation", perché appena
si mette la figura di un matematico in un film o in una storia,
subito diventa commerciale.
Tuttavia, sono venuto a parlare da quel mondo, piccolo mondo, che sta
diventando sempre più grande, per rivolgere la questione al mondo
dell'educazione, ma in un senso molto generale; sto parlando della
scuola, della cultura e di come la matematica è diventata qualcosa
di cui tutti possiamo parlare, matematici e non, in modi diversi e
con linguaggi differenti.
Giancarlo Rota, un grande matematico italiano, disse in una delle sue
conferenze:
"Il pubblico di una conferenza è come una mandria di mucche, che
si muove lentamente nella direzione in cui il conferenziere la
conduce; se tratta un solo punto, c'è buona probabilità che il
pubblico prenda la direzione giusta; se tratta più punti allora le
mucche andranno in tutto il campo e si perderanno..."
che non è un grande complimento per il pubblico di una conferenza.
Quindi tratterò solo un punto nella restante mezz'ora, che è il
seguente: le storie sono interessanti e sono un buon modo per
arricchire l'esperienza matematica, un modo non banale, come direbbe
un matematico.
E il modo banale è che le storie rendono una materia più
piacevole. Certo, leggendo una bella storia o una biografia su di un
matematico, si è subito tentati di guardare in questo campo.
Ma voglio mostrarvi il punto non banale in cui la matematica e il
raccontare storie entrano in relazione.
Oggi ci sono persone, per esempio nel mondo della letteratura, che
possono non avere nessuna competenza di matematica e questo va bene:
restano comunque grandi intellettuali. Per portarvi un altro esempio,
io ho tre figli:
mia figlia è completamente non matematicizzata, ma è una grande
raccontatrice di storie e una grande pittrice; semplicemente non ama
la matematica e questo è del tutto comprensibile. Suo fratello,
che ha sei anni, risolve addizioni e sottrazioni prima di andare a
dormire, per rilassarsi...
Qualcuno nasce matematico, come Gauss, Riemann, Galois, e qualcun
altro no, ma questo va bene ugualmente perché può
diventarlo.
Qualche volta, quando sono stato invitato a parlare del
mio libro "Zio Petros e la Congettura di Goldbach" , ho
spiegato la mia teoria, secondo la quale la maggior parte delle
persone ama la matematica, o almeno non la odia.
Di solito faccio un test. La mia prima domanda è: "Quante persone
tra di voi odiano davvero la matematica?" Poiché in genere non
parlo a matematici, il 60-70% delle persone risponde sì e io
chiedo loro di tenere le mani alzate.
Quindi chiedo: "Ora quelli tra di voi che amano i romanzi gialli
abbassino per favore la mano" e qualcuno lo fa.
Quindi dico: "Ora quelli tra di voi che giocano a scacchi o dama o
qualsiasi gioco come questi, a qualsiasi livello per favore abbassino
la mano.
Ora tutti quelli che amano i puzzles o gli enigmi o che sono
affascinati da misteri di qualsiasi tipo abbassino la mano"
E alla fine non c'è più nessuno con la mano alzata.
Quindi dico: "Allora vedete che nessuno di voi odia veramente la
matematica, perché la matematica non è solo equazioni, ma anche
ciascuna delle cose che ho elencato e ciascuno di noi ha avuto
qualche esperienza in matematica".
Solo una volta, un'anziana signora, in una piccola città della
Grecia, non abbassò la sua mano fino alla fine e quindi le dissi:
"Congratulazioni signora. Lei è l'unica persona che io abbia mai
incontrato che odia veramente la matematica!"
Tuttavia le persone che non sono vicine alla matematica possono
essere avvicinate ad essa in altri modi.
Un grande psicologo dell'educazione americano, Bruner, ha scritto il
libro "Due modi di conoscere", in cui studia come
conosciamo e capiamo.
Lui sostiene che ci sono due modi di conoscere il mondo: uno,
chiamato classificatorio, tassonomico, è il modo della scienza;
lo applichiamo in storia, grammatica, filosofia, scienze naturali:
ogni materia è piena di argomentazioni di tipo tassonomico e
induttivo.
Ma conosciamo il mondo anche in un altro modo, quello del raccontare
storie.
E' importante il fatto che lui usi il termine conoscere, perché in
genere quando si parla di storie viene sottolineato l'aspetto emotivo
o estetico, mentre invece le storie ci insegnano anche cose sul
mondo, ci danno istruzioni.
Andando in una società tradizionale, come può essere ad esempio
un villaggio, si osserva che il modo in cui le persone conoscono il
mondo è attraverso le storie.
Storie come l'Odissea, o l'epica di Gilgamesh, mostrano come le
persone vivono, con problemi e situazioni complesse e differiscono
dagli argomenti matematici perché operano con variabili troppo
complesse per essere formalizzate. Le storie sono algoritmi
complessi: la logica è parte di esse, ma non è tutto.
Pertanto il raccontare storie è un ambiente davvero complesso.
Ho studiato qual è l'esatta struttura di una narrazione: esistono
somiglianze tra una dimostrazione matematica e il modo in cui l'eroe
risolve il problema della storia, nelle storie tradizionali, e le due
cose sono molto vicine ad avere la stessa struttura.
In matematica abbiamo traguardi intermedi, come i risultati
intermedi, e il modo di raggiungere un risultato è molto simile
nella struttura al modo d'agire dell'eroe.
Vi mostrerò un esempio di questo. Dal sito del dipartimento di
matematica di Bologna ho letto questo paragrafo:
"Il dipartimento di matematica all'Università di Bologna si trova
alla fine di via Zamboni (la strada in cui si trova la maggior parte
degli uffici amministrativi dell'Università) in Piazza di Porta
San Donato (una delle antiche porte della città sulla strada
circolare chiamata "Viali" che circonda il centro storico)".
Qualsiasi matematico noterà che questo può essere un ottimo
algoritmo per risolvere un certo problema.
Se lo traduco in:
"C'era una volta, tanto tempo fa, un bambino che andò dal vecchio
del villaggio e chiese: "Come posso raggiungere il dipartimento di
matematica?"
E il vecchio saggio rispose: "Devi andare attraverso via Zamboni e
raggiungere Piazza San Donato, dove si trova l'antica porta, e
combattere con il drago..." e così si possono immaginare tante
altre storie meravigliose.
Come Wiles ha risolto l'ultimo teorema di Fermat, attraverso un
risultato di Ken Ribet, risolvendo la congettura di Taniyama-Shimura,
questo bambino agisce con una struttura simile.
Inoltre come le storie possono arricchire la matematica, i matematici
sono personaggi ed eroi ideali per le storie (si prenda ad esempio
Galois: ogni libro di matematica ha un capitolo su di lui, perché
la sua vita lo ha reso molto affascinante).
Per di più le teorie matematiche sono storie ideali perché
hanno tutte le caratteristiche di una ricerca, nella sua forma più
pura.
Amo dire che la storia di una dimostrazione è la dimostrazione: se
si cerca di ricostruire la storia di una dimostrazione, di tanti anni
di collaborazioni, più la si rende dettagliata, più si descrive
la dimostrazione stessa.
Quello che sto dicendo è totalmente anti-Bourbaki, che invece
è formale e chiaro, mentre la ricerca matematica è molto
informale e per nulla chiara.
La novità è che i matematici possono parlare di matematica
attraverso le storie, in un modo non tradizionale.
Il problema di una storia può essere banale (ne abbiamo visti
tanti a scuola), ma anche non banale (ad esempio molti problemi di
logica,...).
Più interessante però sono le storie dei problemi: storie o
biografie matematiche che non spieghino soltanto i fatti.
Infine vorrei riflettere sul fatto che negli ultimi anni abbiamo
avuto così tanti buoni libri di matematica: probabilmente uno dei
motivi è che, come abbiamo visto, la matematica produce tante
buone storie, per molte ragioni, e probabilmente perché ogni
ricerca matematica è un grande mistero.
(*)Trascrizione non rivista dall'autore, a cura di Sara Ceccoli.
|