Quando la politica colpisce l'università, l'università può, anzi deve rispondere
M. Ferri (30/10/2010)

Ho sempre cercato di tenere la politica (nel senso partitico) fuori dalla mia attività di docente. Nel tempo ho semplicemente segnalato, molto brevemente, ai miei studenti le varie storture e disavventure che coinvolgevano l'università. Questo non ledeva il mio spirito democratico, perché normalmente lo stillicidio nei confronti dell'accademia era "bipartisan" e dunque potevo lamentare interventi secondo me inopportuni provenienti sia da destra sia da sinistra. Ricordo solo l'introduzione del "3+2" voluta da G. Berlinguer e la riduzione a 20 esami formali decretata da F. Mussi come provvedimenti forse dettati da buone intenzioni "di sinistra" ma che secondo me sono stati pessimi.

La situazione cambia quando, come in questo periodo, ho la ferma convinzione che si stia attuando una deliberata, sistematica distruzione delle basi culturali della Nazione. Questo mi risulta evidente non solo dai tagli profondissimi al finanziamento dell'università, ma soprattutto per certe azioni al riguardo della ricerca; e, direi, ancora di più per un atteggiamento generale e mirato di deprezzamento della cultura in senso lato, soprattutto attraverso l'uso del mezzo televisivo.

Il punto più dolente è la mancanza di futuro per i giovani che intendono lavorare nella ricerca. Dopo iniziali lodevoli manifestazioni d'intenti del Ministro Gelmini (che udii personalmente) la sua prima vera azione fu di segno opposto, e cioè il tentativo di portare il turn-over al 20% (su 5 docenti che escono per andare in pensione o al cimitero ne entra uno solo); il ridimensionamento a 50% fu dovuto solo ad una massiccia azione di noi docenti (lezioni in piazza ecc.). Dietro lo scudo di alcune reali inefficienze, il Ministro ha poi rincarato la dose con enormi riduzioni indifferenziate dei finanziamenti all'università, con risultati che possiamo constatare nel deterioramento delle infrastrutture e nella ridotta possibilità di pagare tutorati e supplenze, fino a precise disposizioni per la riduzione del numero di insegnamenti.
Abbiamo insegnamenti inutili? Può darsi. Ma i vincoli che si stanno adottando sul puro e semplice numero di frequentanti mostra quanto asserivo sopra: una concezione utilitaristica e gretta dell'istruzione molto lontana da ciò che io intendo come cultura.
Penso all'insegnamento di Topologia Algebrica di cui sono titolare, a titolo gratuito, da parecchi anni. A suon di pochi studenti all'anno (fra 4 e 8, direi) sono ormai tanti quelli che hanno imparato in quel corso i fondamenti di omologia, omotopia, tecniche simpliciali... Dovrà sparire? Si fermerà la trasmissione di queste nozioni importanti per quanto di nicchia?
Ma tornando al problema del futuro dei giovani, il pericolo più grave è insito nel disegno di legge che ha causato l'agitazione dei nostri Ricercatori: la trasformazione del ruolo di Ricercatore (per i futuri concorsi) in impiego a tempo determinato. Senza assicurazioni di una regolare cadenza di concorsi per posti di associato e ordinario (fermi ormai da diversi anni) questo significa catturare i nostri migliori giovani e infilarli in un vicolo cieco.
Vorrei che capiste con che dolore ho deciso di NON accogliere più studenti di dottorato nel mio gruppo di ricerca proprio per evitare loro le lusinghe di questa trappola.

Ma i segnali sono molteplici, soprattutto sul fronte della ricerca, mentre ipocritamente si proclama invece di volerla sostenere. È facile colpire in questo ambito, perché meno esposto all'attenzione e alla comprensione del pubblico.
Chi verrà a sapere che da quest'anno non ci sarà più il cofinanziamento universitario ai Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale?
Chi è venuto a conoscenza del tentativo di chiudere l'Istituto Nazionale di Alta Matematica, nostro unico riferimento istituzionale (basato su un budget annuo equivalente al costo di un autoblindo e mezzo)? Be', in questo caso eravamo riusciti a farlo sapere almeno alle cinquemila persone che hanno firmato la petizione e hanno evitato questa castrazione.
Ma ora ecco un nuovo assalto: l'Istituto non avrà più un presidente eletto dai matematici, ma nominato dal Ministro!
E lasciatemi citare il fatto che probabilmente l'Italia non potrà partecipare ad una nuova rete europea di Topologia Algebrica Applicata di cui è (attraverso il mio gruppo di ricerca) una fondatrice, perché il CNR non può procurare a tale scopo i 16.000 Euro annui per la partecipazione. Giusto per parlare non dei massimi sistemi ma di fatti concreti toccati con mano.

Continuo a considerare il tempo dedicato alle lezioni sacro, ma sarò sempre lieto di discutere con chiunque fuori da tale tempo. Considero anche il mio ufficio "zona franca" allo stesso modo, per cui non accetterò più di esporvi manifesti che abbiano una pur indiretta connotazione politica. A proposito, spesso mi si può vedere in contatto con studenti impegnati in liste "politiche". Continuerò a farlo: da una parte e dall'altra ci sono persone molto in gamba, disposte a lavorare sodo e anche a discutere serenamente; continuerò ad accettare dibattiti, inviti, interviste e soprattutto interventi legati strettamente alla mia attività didattica o a quella di ricerca. Desidero però che ciò non venga confuso con un sostegno ideologico o tanto meno con una adesione.