2016
27 maggio
Seminario interdisciplinare
ore 15:00
presso Aula Tonelli
Come è ormai ben noto siamo nel pieno di una rivoluzione demografica, ovvero di un fenomeno planetario che interessa, anche se in maniera diversa, tutti i paesi e che nel giro di poco più di mezzo secolo ha visto quasi raddoppiare l’aspettativa di vita alla nascita che si situa oggi in Italia intorno a 80,1 anni per gli uomini e a 84,7 anni per le donne. Se le condizioni economico-sociali e sanitarie non peggioreranno questo fenomeno proseguirà anche nei prossimi decenni facendo prevedere una società dove le persone anziane (i 65+) rappresenteranno più di un terzo della popolazione. L’invecchiamento si accompagna ad un declino (più o meno rapido a seconda delle singole persone) di pressoché tutte le funzioni (fisiche, cognitive), all’insorgenza di tutta una serie di patologie croniche e alla fine, per le persone più sfortunate, alla perdita dell’autonomia. In questo scenario bisogna tenere presente che l’invecchiamento è il risultato dell’interazione tra i nostri geni, gli ambienti in cui siamo vissuti e gli stili di vita che abbiamo seguito. L’invecchiamento comincia dunque sin dai nove mesi che passiamo nell’utero materno e risente particolarmente degli eventi dei primi anni di vita. C’è però da sottolineare che esistono persone come i centenari (100+), i semi-supercentenari (105+) ed i super-centenari (110+), che hanno raggiunto i limiti estremi della vita umana e sono vissuti fino a tardissima età in buona salute evitando o ritardando di parecchi decenni l’insorgenza delle maggiori patologie età associate. Abbiamo dimostrato che i figli ed i familiari di queste persone eccezionali hanno una salute migliore di soggetti di pari età non figli o parenti di centenari. E’ questo il modello che stiamo indagando a fondo nel nostro laboratorio con le tecnologie più avanzate (genetica, epigenetica, trascrittomica, metabolomica, metagenomica, proteomica, glicomica) al fine di individuare combinazioni di marcatori biologici che ci consentano di valutare l’età biologica di una persona rispetto alla sua età cronologica e che ci permettano di effettuare e valutare l’effetto di strategie di prevenzione delle maggiori patologie e sindromi geriatriche (fragilità) attraverso interventi basati soprattutto sulla combinazione di attività fisica e nutrizione, ovvero sulla ottimizzazione dello stile di vita. E’ stato dimostrato che adeguati stili di vita sani (es. dieta mediterranea) seguiti scrupolosamente possono neutralizzare fattori di rischio genetico che predispongono verso le patologie etàassociate. E’ dunque chiaro che siamo noi stessi i padroni della nostra salute e della qualità del nostro invecchiamento. Questo nuovo tipo di ricerche largamente interdisciplinari, produce dati ad alta dimensionalità con milioni di variabili per singolo soggetto e vede la collaborazione di medici (geriatri, pediatri, etc.), biologi, biotecnologici, bioinformatici, demografi, nanotecnologi, ma anche ed in misura sempre maggiore di statistici, fisici, matematici, chimici essenziali per la messa a punto delle metodologie (sequenziamento di genomi, spettrometria di massa, NMR, per non citarne che alcune) e soprattutto l’analisi e l’interpretazione dei BIG datA. Inoltre, poiché gli anziani non vivono nel vuoto ma in precise società e comunità che variano da nazione a nazione e che in Italia sono diverse tra Nord e Sud e tra città e campagna, e poiché la durata e la qualità della vita sono legate, tra l’altro, anche allo stato socio-economico, all’educazione, alla personalità, al sonno e alla capacità di neutralizzare gli stress della vita e di controllare le emozioni, questi studi hanno sempre di più bisogno dell’expertise di sociologi, economisti, neurologi e psicologi. Come si vede, una strategia complessa nella quale le tradizionali distinzioni tra le discipline si attenuano al fine di affrontare un problema estremamente complesso come l’invecchiamento e la qualità della vita che rappresenta una delle maggiori e più affascinanti sfide del nostro secolo
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