L'idea è venuta al mio amico Prof. Roberto Guidorzi (Teoria dei Sistemi), che ha visto spuntare discussioni nel settore dedicato alle domande e risposte del suo server. Per quanto possibile, intendo comportarmi - come lui - da semplice utente.
Per un certo periodo, in mancanza di discussioni, ho usato questo Forum per inserire alcune domande e risposte su argomenti collaterali al corso. Finalmente, con la riforma "3+2", si è aperta una vera discussione! Utilizzo anche il Forum per replicare ai commenti scritti da voi sui questionari di fine corso.
Per inoltrare i tuoi interventi mandami un messaggio - con "forum" nel Subject - che provvederò ad inserire qui (senza il nome del mittente).
Argomenti trattati finora:
Frattali.
Stereogrammi.
Geometria e Meccanica (1).
Geometria e Meccanica (2).
Funzioni di taglia.
Secondo biennio di Matematica.
Prove d'esame risolte.
Riforma "3+2".
Contro gli ingegneri?
Crescita in un (atipico?) ingegnere.
Vecchio ordinamento.
Una matricola-con-sorella-ingegnere riflette sul nuovo
ordinamento. (14/2/2003)
3+2 a Matematica.
(22/3/2003)
Intervento di un "cervello in fuga". (3/2/2004)
Abbandoni: prima o dopo? (3/2/2004)
Repliche e
considerazioni di un lavoratore studente
(più controreplica e aggiunta). (12/1/2003,19/1/2003,
20/2/2003, 30/7/2004))
Ho trovato Geometria e Algebra nella tesi di Nash (A Beautiful Mind)!! (26/11/2007)
Liceali, periti, ingegneri. (5/7/2008)
R. Sono insiemi di punti del piano con la peculiarità
della "dimensione
frazionaria"; naturalmente la definizione di dimensione non
è
quella data nel corso (e neanche quella usuale per le "varietà",
spazi localmente euclidei): essa riguarda il modo in cui cambia la
"occupazione
di spazio", per così dire, al variare della scala. Per
intenderci:
prendi un bel segmento di retta nel piano; ora ingrandisci di tre volte
tutte le lunghezze; ovviamente il segmento triplica la sua
"estensione";
l'esponente necessario per esprimere questo fatto è uno. Se fai
lo stesso ad un quadrato. la sua "estensione" diventa nove volte tanto;
l'esponente è due. Questo esponente coincide con la dimensione
usuale
del segmento e del quadrato. I frattali richiedono un esponente
frazionario.
Un esempio elementare di frattale l'hai sicuramente visto in Analisi
1: la curva di Koch. Come molti (o tutti?) i frattali è definita
come limite di un procedimento ricorsivo. In figura ti metto i primi
passi
del procedimento.
I frattali risultano interessanti per la loro auto-similarità: se (localmente) prendi un pezzo di frattale e una sua porzione più piccola, esiste un'affinità di rapporto <1 che porta il primo nella seconda. Questa proprietà risulta essenziale in una formidabile tecnica di compressione d'immagini di cui trovate un simpatico esempio, implementato da un vostro collega, in C-MAX.
Puoi trovare informazioni in due articoli della rivista Le Scienze:
ottobre 1990, pag. 42, e febbraio 1992, pag. 36. Una grande
quantità
d'immagini si trova nel sito del CIRAM: sono state preparate dal Prof.
Alberto Strumia.
R. a) Sì, c'è un modo semplice, tanto che li puoi addirittura fare a mano. Il modo più comodo è con un word processor, con un font non proporzionale (quindi a caratteri che occupano tutti lo stesso numero di pixel). (Purtroppo gli esempi che metterò qui nel seguito non verranno bene proprio a causa del font proporzionale).
Supponi di voler mettere in rilievo una figura, per esempio un rettangolo R. Allora traccia il contorno di R con dei caratteri (che poi cancellerai). Poi parti dalla prima riga, dall'estremità sinistra (modo Insert NON attivo). Scrivi un carattere (per es. A) e avanza di un numero fisso di posti (15 dovrebbe andare bene); la posizione del prossimo carattere sulla riga dipende dalla posizione del precedente rispetto ad R: se il precedente era fuori di R, il prossimo carattere (sempre A) lo metto a distanza 15; se era dentro, allora accorcio la distanza a cui metto la prossima A: 14 posti, o addirittura 13 o meno se voglio aumentare il rilievo.
Come esempio, ecco una riga in cui "*" segna i confini di R, A
è
il carattere utilizzato, i puntini servono qui per facilitare il conto
dei posti, ma conviene metterli anche davvero.
Naturalmente, con un carattere solo si vede poco; conviene
utilizzarne
almeno tre o quattro, sempre con le stesse regole. Certo che se si
accavallano
(cosa possibile) non viene bene. Torno sull'esempio precedente.
Poi tolgo gli asterischi (mettendo dei puntini al loro posto):
Ecco fatto. Con qualche riga tutta a intervallo di 15 e copie della riga appena costruita otteniamo un rettangolo in rilievo.
Non è bello, però, il fatto che si veda facilmente dove c'è l'alterazione; si può ovviare a ciò evitando di partire dalla stessa lettera nella stessa posizione. Conviene anzi partire mettendo le prime lettere vicino ai bordi della figura da far risaltare. Qui però non lo faccio, in modo che si possa vedere bene quel che succede.
Se una parte della figura si vuole avvicinare anche di più, accorcia di un ulteriore spazio (nel nostro esempio, porta la distanza a 13).
Un vostro collega ha tratto, dalla procedura che vi ho descritto, un
semplice e grazioso programmino (Stereo) che ho messo in rete in C-MAX.
b) Parliamo del funzionamento. Il nostro sistema visivo esegue facilmente il calcolo della distanza di un punto, se riesce ad individuarne le immagini nei due occhi. Questo accoppiamento (normalmente detto matching) è un procedimento molto complicato. Ce ne accorgiamo quando cerchiamo di imitarlo in una macchina. Gli stereogrammi funzionano "imbrogliando" il matching del sistema visivo. Questo è possibile con delle configurazioni ripetitive.
Guarda la figura seguente. è un illustrazione dall'alto di ciò che avviene (sì ... sono due proiettività!) quando i nostri occhi guardano uno stereogramma, in sezione orizzontale. Le due "retine" sono schematizzate dai due segmenti in basso. In modo naturale gli assi ottici convergono sui "veri" punti, per esempio sul punto D (segmento nero a sinistra e verde a destra). Automaticamente, il sistema visivo attua i matching (cioè le corrispondenze) scritte in nero. In questo modo i punti vengono visti dove sono veramente, cioè tutti al livello della carta dello stereogramma.
PERÒ, se riusciamo a far divergere gli assi ottici (per esempio a portare quello destro nel segmento blu), il sistema visivo viene ingannato e realizza i matching indicati dalle lettere rosse. Risultato: quelli che ci sembra di vedere sono i punti rossi posti dietro al livello della carta dello stereogramma, e a diversa profondità a seconda della maggiore o minore densità con cui sono disegnati.
Come mai è difficile vederli? Perché il sistema visivo
ha una misura del "costo" (una norma?!) di un matching, in cui costa
meno
il matching che esclude meno punti, e il sistema dirige la convergenza
verso una posizione di minimo costo. Inoltre, c'è un aggancio
fra
la convergenza degli assi ottici e la tensione dei cristallini, per cui
se proviamo a guardare "oltre" la carta vediamo sfuocato. Ma se
insistiamo,
il nostro sistema visivo impara in fretta ad adeguarsi!
R. Dunque: da studente io la ODIAVO. Avevo chiesto addirittura di sostituirla! Sfrontatamente (ero uno stud un po' sfacciato e molto presuntuoso) avevo addirittura proposto di dare l'esame e poi di toglierlo dal mio piano di studi. Non riuscii, così la studiai con insofferenza estrema (una bocciatura allo scritto e una, verbalizzata, all'orale, poi il voto più basso del mio libretto). La vedevo peggio di come dici tu: una specie di fisica slavata.
Ma sbagliavo.
In realtà è il modo in cui si presenta (probabilmente di necessità) la Fisica che è incasinato: sentir parlare di teoremi in Fisica mi confondeva le idee. Ecco: i teoremi dovrebbero essere dominio esclusivo della Meccanica Razionale, che puoi vedere come un sistema assiomatico che, "guarda caso", si adatta bene a modellare fenomeni fisici. Il fisico dovrebbe: esaminare dei fatti, scegliere un modello matematico (o anche costruirlo, come ha fatto Newton, ma in quel momento diventa un matematico), mettere il modello alla verifica di ulteriori esperimenti che siano in grado di confutarlo. Certo che il fisico non può dirti le cose a metà, e quindi i teoremi deve pur enunciarli anche lui!
La Meccanica Razionale ha diversi punti affascinanti per un matematico.
La geometria ti propone - attraverso qualche lusinga visiva nel nostro spazio - la struttura (spazi vettoriali, forme quadratiche) e i metodi di attacco (matrici, ecc.) di spazi di configurazioni con cui dovrai prima o poi confrontarti, _senza_ la nozione di tempo.
Be', la meccanica ti propone modelli comprensibili, concreti, di
leggi
rappresentate da equazioni differenziali, introducendo il tempo nelle
strutture
immobili della geometria, ed usando i formidabili mezzi dell'analisi.
Così
come ti capiterà di immaginare piani nello spazio per
rappresentare
certi fenomeni vettoriali che in realtà nulla avranno di
geometrico,
così ti verrà comodo immaginare punti materiali e corpi
rigidi
come metafora di fenomeni elettronici o altro.
R. No. Era un vecchio progetto che il Prof. Abbati Marescotti ed io avevamo concepito tanto tempo fa. In effetti, le attinenze fra le due materie ci sono, e una rotazione come quella che fanno i colleghi di Analisi sarebbe interessante. Sarebbe un'operazione un po' ardita dal punto di vista burocratico, perché si tratta di due raggruppamenti disciplinari distinti, e certi precedenti sono sempre pericolosi. Però questo aggiunge pepe alla cosa, no?
Tuttavia il Prof. Abbati Marescotti ed io abbiamo avuto una notevole
crescita di impegni esterni al corso (commissioni, corsi di Diploma, il
Videt...),
per cui non se n'è fatto niente. Voi che ne dite, vi sarebbe
piaciuto?
Non pensate ai docenti, ma al modo in cui le materie si sarebbero
potute
concatenare.
R. Sono dei descrittori di forma, cioè degli oggetti
matematici
(funzioni, appunto) in cui condensiamo quelli che riteniamo gli aspetti
importanti di una forma. In realtà, per una stessa immagine ci
possono
essere infinite funzioni di taglia, che scegliamo a seconda
dell'obiettivo
pratico che ci poniamo. In generale le usiamo per classificare
immagini;
per esempio, le abbiamo usate per riconoscere delle firme, o per
distinguere
se un globulo bianco è un linfocita, un monocita o un
granulocita,
ecc.; in questo periodo (estate 2000) stiamo affrontando la diagnosi
precoce
dei melanomi nell'ambito di un progetto finanziato dall'Unione Europea.
In generale, il nostro strumento matematico risulta più forte
degli
altri quando le immagini sono di origine naturale. La cosa è
voluta;
infatti i nostri concorrenti usano metodi geometrici "rigidi"
(più
o meno basati proprio sull'algebra lineare che vi insegno io) o tutt'al
più metodi statistici. Il nostro è invece uno strumento
topologico,
quindi più flessibile. Le funzioni di taglia sono state
inventate
dal mio allievo Patrizio
Frosini nell'ambito della sua tesi di dottorato di ricerca; oltre a
noi, ci lavorano un importante gruppo di ricerca di Genova, uno di
Catania
e qualche ricercatore qua e là per il mondo. Trovi maggiori
informazioni,
oltre che nei titoli di tesi, che già
conosci,
o nelle liste di pubblicazioni mia e di Patrizio, nella pagina dedicata
proprio alle funzioni
di taglia. Grazie per l'interessamento! Ci teniamo molto alla
nostra
attività di ricerca!
R. Penso sia già chiaro che i corsi di secondo biennio hanno una notevole libertà di programma. I titoli sono locuzioni di riferimento volutamente vaghe. Sono tutti corsi che, comunque, puntano a fornire, oltre a nozioni istituzionali, anche spunti relativi a temi di ricerca attuale. In ogni caso offrono il "punto di vista" di una certa linea di ricerca sugli argomenti trattati. I corsi che ho visto esporre mi sembrano estremamente interessanti, e condotti da persone che svolgono la loro attività di ricerca proprio in quegli ambiti.
Vedili anche come agganci per un'eventuale tesi (tranne, forse, proprio Topologia Algebrica, che è il più lontano dalla ricerca, volendo fornire strumenti di calcolo abbastanza elementari).
Ci possono essere, da parte tua, due atteggiamenti opposti: (1)
mantenere
uno spettro ampio, contando sul fatto che, quando ti specializzerai,
una
buona base anche fuori dal tuo campo specifico tornerà
senz'altro
utile; (2) utilizzare questi corsi per iniziare il vero e proprio
studio
per la tesi (e per eventuali ricerche successive). Ovviamente,
l'opzione
(1) ha il difetto di costringerti poi a studiare per la tesi del
materiale
non contenuto negli esami sostenuti; (2) è l'opzione più
comune, ed ha il difetto di una precoce focalizzazione culturale (cui
dovrai
porre rimedio all'inizio dell'eventuale dottorato).
R. Un consiglio per Amico1: cambia amicizie. Poi, qualche
domanda:
E` mai possibile che con libro, appunti e risposte esatte (già
fornite) uno studente normalmente intelligente e volonteroso (dote
indispensabile) non se la sappia cavare? E` mai possibile che, con
tutti
questi problemi, il ricevimento studenti non sia quasi mai utilizzato?
E` mai possibile che Amico1 non abbia accesso alla posta elettronica
per
chiedermi chiarimenti? E` mai possibile che i pochi che mi fanno
domande
per e-mail ed i pochissimi che vengono a ricevimento mi rivolgano molto
spesso domande presenti nelle
FAQ e nel Chicken's
Corner?
Comunque provo a venire incontro ad Amico1 ed arricchisco le risposte
con qualche richiamo. Spero che questo non provochi esiti negativi come
è stato con la diffusione delle risoluzioni degli esercizi.
Infatti, purtroppo, da
quando ho messo in rete le mie soluzioni è aumentata la
percentuale
di studenti che credono di poter affrontare gli esercizi preparandosi
solo
su di esse. Seriamente: quello che d'ora in poi farò (segnalare
per ogni domanda quali siano i teoremi coinvolti) è secondo me
molto
grave. Ritengo indispensabile che uno studente si sforzi di
individuare
da solo gli elementi necessari per una risposta o una soluzione. Per
questo
raccomando a tutti di ricorrere alle mie indicazioni solo quando ci si
è ampiamente affaticati a pensare, consultare, ripassare. Non
prendiamoci
in giro: come nell'allenamento sportivo, la fatica è una
componente
essenziale della preparazione.
R. 1) No, direi di no. Il mondo del lavoro chiede molto di più tecnici del livello dell'attuale diploma che non della (vecchia) laurea. È questa la ragione principale che ha incoraggiato la riforma, oltre, naturalmente, al tentativo di accorciare i tempi di laurea e diminuire il numero di abbandoni.
2) Sicuramente no, nel bene e nel male. Abbiamo discusso centinaia di ore su questo argomento, in varie commissioni. D'altra parte ora c'è una legge dello Stato che impone la nuova struttura e dobbiamo adattarci. Il nostro problema (intendo di noi prof delle materie di base) è che temiamo molto di non riuscire a darvi l'impostazione iniziale necessaria.
Coraggio: ci sono lati positivi anche per chi è interessato a proseguire con il "+2" (laurea specialistica). Per esempio, fin dal primo anno avete contatto con materie ingegneristiche, e questo vi darà senz'altro una motivazione allo studio molto maggiore di quella che potevano ricevere le "vecchie" matricole dai loro corsi. Inoltre, se vorrai scegliere l'indirizzo generale al terzo anno, avrai nuovamente corsi di matematica e fisica. Non saranno come quelli "di una volta", né potranno colmare la differenza fra la tua preparazione e quella del vecchio ordinamento. D'altra parte trarranno molti interessanti spunti dal fatto che li affronterai con un ventaglio di esperienze di corsi ingegneristici; sarai quindi molto più motivato - rispetto a quanto potresti esserlo adesso - ad approfondire temi anche difficili delle materie di base.
Devo scusarmi se ogni tanto mi lascio sfuggire le lamentele di cui
parli:
è il dispiacere - che spero capirai - di veder svanire una
competenza
che ritengo importante. Tuttavia sono ben conscio che così forse
quello che insegno avrà una molto più ampia
comprensibilità;
inoltre, credimi, stiamo mettendo tutti il nostro massimo impegno nel
rendere
questi corsi - pur così compressi - dignitosi e formativi.
R. Caro amico, grazie molte per la cortesia con cui avanzi le tue obiezioni e per le belle parole che mi riservi. Ho introdotto nel tuo messaggio dei link in fondo ad ogni singolo punto per rispondere in dettaglio.
[1] Considerazione 1. Sono orgoglioso di
insegnare
ad Ingegneria; confesso che all'inizio (mooolti anni fa) mi seccava di
non essere inquadrato nella "madrepatria" Matematica; nel tempo ho
potuto
ampiamente rivalutare il tipo di insegnamento che ero chiamato a
svolgere.
Certo che la riforma in atto toglie molto a questa rivalutazione...
Considerazione
2. Gli allievi ingegneri mi risultano - in media - estremamente
simpatici.
Non circola qui, come invece succede un po' nella Facoltà di
Scienze,
la "sindrome del piccolo genio": anche ragazzi molto brillanti (e ce
n'è
davvero parecchi) sono di solito persone di spirito e più
collaborative
che competitive. Considerazione 3. I colleghi ingegneri mi hanno
insegnato
veramente molto; parlo di serietà, solerzia, interesse per gli
studenti.
Un mio "sogno" (il Videt, un apparecchio per i ciechi) sarebbe rimasto
esclusivamente tale se non avessi trovato colleghi fantastici che hanno
compiuto veri e propri miracoli di tecnica e di fantasia.
Detto questo, confermo quello che riporti: sono convinto che uno
studente
che possa e voglia dedicarsi come lavoro ad uno studio speculativo
(cioè
di ricerca "pura", di base) debba andarsene al più presto da
Ingegneria.
Non ci vedo niente di male, in questo, e credo che molti colleghi
ingegneri
possano essere del mio stesso avviso. Gli scopi sono diversi a
Ingegneria
e a Scienze. La stessa materia dovrebbe essere insegnata in modi
diversi,
e senz'altro è diverso ciò che si esige dallo studente.
Quindi
non si tratta solo delle materie ingegneristiche: parlo soprattutto
delle
materie di base! Siccome - permettimi - ritengo che un buon matematico
o un buon fisico sia una risorsa preziosa, non vorrei farlo diventare
un
ingegnere frustrato o addirittura un cattivo ingegnere.
[2] Confermo! Come ho già detto, ho molta stima e simpatia per gli allievi ingegneri. Per quel che riguarda il Diploma, ne sono stato uno dei più fervidi sostenitori, e ho messo tutta la mia esperienza e la mia buona volontà nella costruzione del mio corso e anche - in piccolo - nella gestione stessa dei Diplomi di Cesena.
[3] Certo! Ho discusso per ore difendendo la struttura "in parallelo" (compresenza di corsi triennali e quinquennali) finché la "serie" non è diventata legge. Credo fermamente 1) che occorrano due figure distinte di ingegnere, 2) che quella formata in tre anni sia la più necessaria per il mondo del lavoro 3) che la stessa sia quella che può dar maggiore soddisfazione (come studio prima e come lavoro poi) alla maggioranza degli studenti, 4) che la minoranza destinata alla laurea quinquennale debba avere la stessa solida, approfondita, difficile, anche astratta base fisico-matematica che si impartiva nei corsi pre-riforma. Quest'ultimo punto - secondo me essenziale per una nazione che vorrebbe essere all'avanguardia nella tecnologia - verrà irrimediabilmente frustrato dal "3+2". Vedi ancora una contraddizione?
[4] Vedi, mio figlio - anche se non è mai stato bocciato - è uno studente non particolarmente appassionato. Studia perché deve; studia il minimo indispensabile. Niente di male, per carità! Io ero diverso, ma non vorrei minimamente che lui fosse com'ero io. Però negli anni ho visto molti, troppi studenti come lui iscriversi ad Ingegneria "per esclusione" o per l'ambizione dei genitori, e poi soffrire per il troppo studio, soffrire per materie che non capiscono e per cui non provano interesse, soffrire per gli inevitabili insuccessi. E` così strano che a questo punto io cerchi di far maturare in lui quello che appare un potenziale interesse per Scienze Motorie?
Postilla del 2003: mio figlio è felicemente iscritto a "Statistica, impresa e mercati". L'avevo convinto a presentarsi al test di ingresso di Ingegneria ed era sorprendentemente andato molto bene (a scanso di equivoci: per quest'anno avevo sospeso la mia partecipazione alla commissione nazionale test). A questo punto gli era venuta la tentazione di iscriversi a Ing. Gestionale, ma sono riuscito a dissuaderlo: ama troppo la (bella) vita :-)
[5] Antipatia? Tutt'altro! Semmai ho sempre avuto
pena per chi, affascinato dall'Ingegneria, si era trovato davanti un
pesantissimo
corso quinquennale (sulla carta) come unica opzione. Questa pena
può
essere diventata una pena rabbiosa quando ho visto che il diploma
veniva snobbato da centinaia di ragazzi che avrebbero gradito di
più
proprio i corsi del diploma e avrebbero voluto svolgere il lavoro
proprio
dei diplomati.
Naturalmente SO che molti studenti di Ingegneria hanno curiosità
intellettuali e non sono lì solo per la prospettiva di far
quattrini.
Continuerò a far di tutto - anche nei tempi ridotti concessimi -
per stimolare quelle curiosità e per far scorgere panorami
interessanti
al di là dell'orizzonte del corso anche nella nuova
realtà.
Infine, mi hai inteso bene quando dici che certe mie frasi rientrano
nelle dispute, più scherzose che reali, fra studenti delle varie
Facoltà. E` un po' la stessa cosa che tento di fare nei miei
confronti
fra liceali e periti: ritengo che il liceale e il perito abbiano molto
da comunicare l'un l'altro. Analogamente, vorrei che i miei allievi
potessero
esaminare un concetto dai punti di vista del matematico, del fisico e
dell'ingegnere,
riconoscendoli ed integrandoli dentro di sé.
Spero di aver chiarito le mie - credo apparenti - contraddizioni. Comunque invito te e chiunque altro a proseguire la discussione.
Postilla del 2007: l'anno scorso mia figlia voleva iscriversi a Matematica, ma sono riuscito a convincerla che in realtà NON voleva studiare a fondo la matematica o magari addirittura crearne, ma solo applicarla; ora sta allegramente concludendo il primo anno a Ing. Informatica :-)
R. Sono curioso di vedere se ti arrivano repliche a questo
messaggio.
Sono d'accordo con il mio amico Carlo Ravaglia: quello che desideriamo
è proprio di riuscire ad incidere (positivamente) sulla mente
dei
nostri allievi. La capacità di crescita è senz'altro un
ingrediente
per la riuscita.
Poni una domanda difficile: come si fa a capire se si è
buoni
fisici o buoni matematici o cattivi ingegneri? Purtroppo tante
volte
te ne accorgi solo quando hai già investito almeno un anno della
tua vita. Conviene chiedersi: cosa mi piace studiare? Conviene parlare
con ragazzi più grandi che seguono uno o l'altro corso di
studio.
Per te, naturalmente, è troppo tardi: ormai tu ci sei dentro :-)
Come se non bastasse ho anche notato un atteggiamento abbastanza ostile, da parte di molti professori, nei confronti di chi, come me si ostina a rimanere nel vecchio ordinamento! Parlando con vari professori infatti ho come avuto l'impressione che questi volessero spingermi ad ogni costo a passare al nuovo ordinamento, a prescindere dai tanti svantaggi che questa scelta comporterebbe, e d'altro canto ho notato che alcuni esami del 3° anno, l'anno scorso considerati piuttosto facili, quest'anno sono diventati molto più complessi! (Scusi per il lungo sfogo).
Le sarei enormemenente grato se potesse dare qualche consiglio utile a chi, come me , si trova in questa assurda situazione, e Le vorrei anche chiedere se è a conoscenza di qualche sito in cui si trovino delle informazioni (sulla riforma) più dettagliate di quelle presenti in ing.unibo, ad esempio una bozza degli esami degli ultimi 2 anni!
R. Una premessa: non amo affatto questa riforma, come puoi
vedere
in questo forum. Tuttavia mi sento anch'io - senza ostilità :-)
- di consigliare, a chi è in ritardo, il passaggio al nuovo
ordinamento.
Si tratta di vedere, tabelle di conversione alla mano, se non ci
rimetti
dei crediti già acquisiti. Credimi, le persone che stanno
gestendo
la riforma fanno davvero del loro meglio per far filare tutto liscio.
Il
problema principale che esponi, cioè la chiusura degli
insegnamenti
del vecchio ordinamento, in qualche caso è stato risolto con dei
corsi ad hoc: è successo così proprio per Geometria e
Algebra,
ma solo perché in quel momento la contrazione dei corsi ci dava
la possibilità di impiegare qualcuno di noi su un corso
frequentato
solo da una ventina di studenti. Che consiglio darti? Il primo te l'ho
già dato: considera attentamente, NON sull'onda emotiva del tuo
disappunto, se non sia il caso di effettuare il passaggio. Se decidi di
proseguire nella tua scelta, ti consiglio di frequentare comunque i
corsi
del nuovo ordinamento con lo stesso nome. E' pur vero che il programma
è ridotto (e toccherà a te integrarlo) però a mio
parere quello che conta è soprattutto l'impostazione della
materia,
e quella senz'altro il docente continuerà a fornirla come prima,
benché in fretta. Devo anche dirti che vedere un corso in forma
più ridotta può tornare molto utile: si individuano dei
collegamenti
che magari sfuggono in un corso esteso. Per quanto riguarda
informazioni
più dettagliate, non credo che ce ne siano disponibili altrove.
Sono da poco stati approvati i regolamenti dei varii corsi di laurea
specialistica,
e credo che compariranno a breve nel sito di Ingegneria.
Le sembrerà stupido, ma devo ammettere che a volte è quasi frustrante come lei riesca a smontare il mio entusiasmo barricandosi dietro al fatto che i suoi voti erano più bassi semplicemente perché "quando studiava lei, Ingegneria era più difficile". No, non è affatto gratificante arrivare a casa con un 26 in analisi l-a (avrei avuto voglia di abbracciare e baciare tutta Bologna!!) e sentirsi rispondere "come sono cambiati i tempi: quando ho dato analisi1 io, che tra parentesi era il doppio della tua, il voto massimo dell'appello è stato un 23.".
Non metto in dubbio che la riforma abbia i suoi pregi e i suoi vantaggi (come spiegato approfonditamente, a mio avviso, nelle domande e risposte del suo forum), ma davvero a volte mi chiedo se il semplice essere nata qualche anno "in ritardo" non mi abbia precluso una solida preparazione, una laurea "seria", tanto per essere drastici.
Ho avuto occasione di parlare con alcuni miei compagni di corso a proposito di questo benedetto 3+2 e l'opinione generale è che, almeno sulla carta, abbiamo praticamente tutti intenzione di conseguire la laurea specialistica, perché quella triennale "è come il vecchio diploma universitario. E` vero, alla fine sei ingegnere, ma non è che poi vale come prima": magari a qualcuno di noi, magari proprio a me, fra tre anni non sembrerà vero di poter smettere di studiare con un titolo in tasca e un "ing." davanti al nome ma, per ora, non lo posso sapere (il solito commento della sister a cui, al di là delle apparenze, voglio un gran bene: "se avessi potuto smettere io, dopo tre anni, non ci avrei pensato un solo istante!" ).
Sinceramente, non sono d'accordo sullo "spezzettamento" dei corsi. Analisi l-a e l-b quest'anno, poi analisi l-c uno dei prossimi due anni e analisi l-d (un mio amico qualche giorno fa ha avanzato l'interessante ipotesi che analisi l-c preveda la matematica davvero difficile e che analisi l-d sia in realtà uno studio delle menti contorte dei professori di analisi.;-P) l'anno successivo al modulo l-c. Geometria e algebra l-a quest'anno e g&a l-b, credo, al terzo anno, se non addirittura come materia opzionale. Io sono dell'idea che "sia opportuno far correre la macchina finché il motore è caldo". Non so se mi spiego (al di là dell'orrenda metafora). Ma credo che questo rientrasse nell'ottica del vecchio ordinamento e sia invece inconciliabile con il nuovo.
Vorrei però cambiare argomento e chiedere a lei (e a chiunque pensi di aver qualcosa da dire in proposito) un parere a riguardo di una cosa che ho notato fin dai primi giorni di università: sapevo che Ingegneria era considerata una delle facoltà più "difficili" (per quel che questo aggettivo può significare: per me sarebbe davvero "difficile" una facoltà come Giurisprudenza, perché non ho né memoria né interesse per tutti gli articoli dei vari codici legislativi, o una facoltà come Lettere, perché mi addormenterei a lezione nove volte su dieci.), se non la più "difficile" in assoluto, ma non mi aspettavo certo di trovare una divisione così pronunciata fra la "nostra" facoltà e la stragrande maggioranza delle altre. Tanto più che, forse per una banale coincidenza (e "banale" è un aggettivo che piace un sacco ai professori universitari, mi sembra di capire), spesso intere famiglie passano da qua dentro. Buona parte dei miei compagni ha fratelli o sorelle iscritti a o laureati in Ingegneria. Senza contare tutte le barzellette, gli aneddoti e le leggende metropolitane che oppongono lo studente in Ingegneria medio (secchione, in via di calvizie, rigorosamente single, dotato di un vocabolario ristretto alla terminologia tecnica e di un'intelligenza ristretta punto. L'ultima l'ho letta ieri: "l'ingegnere non vive, funziona". Simpatia portami via.) allo studente universitario medio (l'iscritto alla "nostra" facoltà non è evidentemente contemplato sotto questa dicitura). sulle prime sono battute che fanno sorridere, ma poi ho notato che gli stessi professori spesso e volentieri tendono a mantenere questa concezione "elitaria" della figura dell'ingegnere. Perché "l'ingegnere deve sapere cosa fare, quando farlo e perché lo fa". "le persone non devono sapere cosa accade dentro ad un computer non appena premono un determinato tasto, ma gli ingegneri sì" . "in una società in cui si cerca di delegare a terzi compiti e responsabilità e di nascondere il più possibile, noi siamo quelli che hanno deciso di aprire la scatola e guardare cosa c'è dentro" (non so se la riconosce ma questa è la sua. Poi non dica che non stavo attenta ;-P)... Da un lato fa piacere, dall'altro mi sembra di appartenere ad una qualche setta ultraterrena spinta da un gruppo di guru semidivini ad auto-reputarsi terribilmente ganza e invincibile (forse persino inavvicinabile). E mi sembra del tutto ridicolo.
Scusi se mi sono dilungata, e grazie, se è arrivato in fondo a 'sto papiro, per la sua pazienza. Credo di poter dire in tutta sincerità (ora che non è più il mio prof) che la considero una delle persone migliori anche, e soprattutto, a livello umano, che io abbia mai incontrato e che non posso non esserle grata per avermi dimostrato quanto significato e quanta parte di noi stessi sia possibile mettere dentro quel che facciamo... Questa è la lezione che spero di riuscire a non dimenticare davvero mai.
R. Cara ex-allieva, immodestamente riporto anche la tua frase di commiato, molto lusinghiera, soprattutto per il passaggio "quanto significato e quanta parte di noi stessi sia possibile mettere dentro quel che facciamo". Sì , ragazza mia, anche dentro alle matrici si può mettere qualcosa di noi, sia dalla mia che dalla tua parte della cattedra; questo è anche ciò che può fare la differenza fra l'ingegnere "che vive" e quello "che funziona". Se riesci a metabolizzare il cumulo delle informazioni che ti forniamo, a renderle in qualche modo parte di te, a criticarle, a conquistarle attivamente invece che limitarti ad assorbirle passivamente, non corri il rischio di finire con l'occhio lesso e lievemente disperato di un preoccupante numero di studenti anziani.
Spezzettamento: più che altro mi preoccupa la compressione! Penso ai ragazzi provenienti dal classico o dall'istituto per geometri, che a Pasqua devono saper fare bene o male quello che nel vecchio ordinamento si sapeva fare al secondo anno. A questo punto la divisione in moduli probabilmente è assolutamente necessaria, per poter mettere dei punti fermi nel torrente di un insegnamento ipercinetico.
Sister Ing: capisco, capisco, ma pensa alla SUA frustrazione! Sono convintissimo che le abbiamo fornito una cultura tecnico-scientifico di prim'ordine, ma il punto è: avrebbe potuto accontentarsi di una cultura un po' inferiore? Tanto per abbozzare un ragionamento simil-ingegneristico: se invece di una cultura a livello 1.0 ne avesse una a 0.8, ma questo fosse costato un impegno di studio 0.5 contro il suo impegno a 1.0, non ci avrebbe fatto la firma? Chiaro che, se lavora nella ricerca (pubblica o privata), il livello 1.0 è necessario e neanche sufficiente. Pochi però sono in tale situazione; a questi pochi la laurea specialistica dovrebbe fornire tutte le compensazioni del caso (e qui noi delle materie di base siamo scettici).
Difficoltà: puoi sbandierare a Sister Ing la differenza, ampiamente sopravvissuta alla riforma, che tu stessa rilevi fra la nostra e le altre facoltà. La conferma mio figlio, felicemente avviato a Statistica, quando confronta i suoi temi d'esame con quelli degli ex-compagni. E poi, parliamoci chiaro ... Obrecht è sempre Obrecht :-)
Metafora: ti è sortita una analogia motoristica. Fra qualche
mese non ti sembrerà orrenda; fra un anno ti piacerà;
Ingegneria
lavora dentro di te :-)))
R. C'è una differenza sostanziale, fra Ingegneria e a
Matematica, che ha un notevole impatto sull'esito della riforma:
Matematica
è molto omogenea, mentre Ingegneria ha una parte propedeutica
(matematico-fisica)
ben separata dalle materie professionalizzanti. Perciò la
riforma
ha provocato a Matematica una ridistribuzione e magari qualche
rinnovamento,
ma ciò che viene insegnato è essenzialmente lo stesso di
prima. A Ingegneria, invece, c'è stata una macroscopica
riduzione
della parte propedeutica. Ora, è pur vero che c'è la
possibilità
di recupero nei due anni della laurea specialistica; ma questo
può
essere sensato per Matematica, mentre è molto meno valido per
Ingegneria:
infatti non si può certo (e nessuno lo propone) recuperare al
quarto
anno l'impostazione mentale che si sarebbe dovuto acquisire al primo.
In entrambi i casi c'è stata una seria difficoltà a
comprimere
in tre anni una preparazione sufficiente a conferire un titolo di
studio
decente. Questo ha imposto un ripensamento della didattica e anche
delle
concatenazioni di materie, che tutto sommato era ora che avvenisse.
Soprattutto
a Matematica, secondo me, era necessario un processo di svecchiamento
che
altrimenti forse sarebbe mancato. Più problematico è
stabilire
il significato di una laurea in Matematica triennale. In effetti,
però,
il mondo del lavoro è pronto ad accogliere bene anche i
matematici,
e forse un armamentario teorico quadriennale era esagerato. Vedo
però
molto più naturale la figura dell'ingegnere triennale, dedicato
alla gestione, alla manutenzione, al collaudo, ecc., che non quella del
matematico triennale. Con il +2, invece, chiaramente ci sarà un
miglioramento della preparazione di un matematico rispetto ai quattro
anni
attuali, sempre che, naturalmente, il laureato specialista vada
effettivamente
a svolgere il suo lavoro e non quello più consono ad un laureato
triennale.
Differenze fra l'insegnamento a Matematica e ad Ingegneria. Una volta ti avrei parlato solo del maggiore accento, a Ingegneria, sugli esercizi che sulla teoria. Adesso devo denunciare, invece, la quasi totale sparizione delle dimostrazioni, la tendenza a ridurre enormemente la generalità delle definizioni e della trattazione, la banalizzazione dell'esercizio come ripetizione di uno schema. Non so come siano cambiati i corsi dei primi anni a Matematica, ma non credo che siano arrivati a tanto.
Infine, la mia attività di ricerca nella matematica
applicata.
Devo sottolineare che era un mio sogno già da studente, ma mi
ero
reso conto subito che la strada per sopravvivere a Matematica passava
attraverso
la ricerca pura; e devo dire che questa mi ha assolutamente affascinato
e mi ha fatto provare le più grandi emozioni intellettuali della
mia vita, oltre che mettermi in cattedra. Io sono membro del
Dipartimento
di Matematica. Penso che tu ti riferisca invece all'ipotesi che io
lavorassi
esclusivamente nel corso di laurea in matematica. Ecco, devo dirti che
non so se avrei sterzato così seccamente. Certo, l'ambiente di
Ingegneria
mi ha aiutato a scoprire che anche nell'ambito applicativo ci sono
menti
vivaci, problemi affascinanti e inoltre la possibilità di
realizzare
qualcosa con un impatto effettivo, immediato sulla società.
Purtroppo,
dal punto di vista dei concorsi, che io o i miei allievi lavoriamo ad
Ingegneria
non cambia assolutamente niente: bisogna adeguarsi agli standard dei
matematici
"di Matematica" e questo è estremamente penalizzante per chi
lavora
con me. Anche per quanto riguarda i finanziamenti, essere a cavallo fra
due ambienti non è per nulla comodo. Con le dovute eccezioni: ho
vissuto un periodo di ricerca ben finanziata con il progetto VIDET,
grazie
ai controllisti di Ingegneria, e recentemente sono stato accolto, col
mio gruppo, in un prestigioso centro di ricerca, l'ARCES, nato attorno
a colleghi di Elettronica e Telecomunicazioni.
R. No no: pubblico, pubblico volentieri un complimento, anche
per bilanciare i questionari negativi (ne ho uno nuovo: "Brott
vèc',
va' in pensione!"...). Per quanto riguarda il tuo corso di studi,
penso
che sia molto interessante e apprezzo che tu abbia sentito l'esigenza
di
seguire più l'interesse intellettuale che quello monetario. Ti
auguro
comunque di mettere a frutto i tuoi studi, oltre che ad esserteli
goduti...
Il problema delle tasse è veramente grave. Si sono sommati due
fattori: da una parte ci sono stati ingenti tagli ai finanziamenti
all'università,
dall'altra si vuole selezionare un'utenza preparata e motivata.
Per quanto riguarda i tagli, approfitto dell'occasione per una discussione un po' più generale: se per la laurea specialistica non spende chi la frequenta, chi spenderà (visto che comunque quelle uscite ci sono)? Se non sono gli studenti della specialistica, dovranno forzatamente sborsare (benché in modo più diluito) gli studenti della laurea di primo livello; e anche se si riuscisse ad ottenere un maggiore finanziamento dal governo, vorrebbe dire che a pagare sarebbero addirittura quelli che all'università non ci vengono proprio! Questo, anzi, già succede, visto che le tasse pagate dagli studenti incidono per una frazione assai minoritaria sulle entrate di un ateneo. A parte casi molto particolari (come la Grecia dove l'università è gratuita ma soggetta ad un rigorosissimo numero chiuso) le tasse universitarie sono ben più elevate che da noi.
Molto più sgradevole è il discorso della selezione: la motivazione non dovrebbe essere manifestata con la disposizione a spendere. D'altra parte una selezione solo meritocratica ti sarebbe anche più dannosa, a quanto capisco.
Hai pensato a chiedere un prestito in banca? Sono convinto che una storia come la tua dia ampie garanzie sulla tua serietà e determinazione.
Replica (Stud2)
(19/1/2003) Rileggendo
il mio intervento mi sono reso conto che ho dato sfogo solo alla parte
di me che vede le cose negative e per questo ho sentito necessario
riscriverle
per completare il mio pensiero.
Reputo che per voi professori non sia stato facile decidere sui
nuovi ordinamenti post riforma. Non eravate d'accordo ma dovevate farlo
ed ora prendete i nostri insulti... Credo che il vecchio ordinamento
fosse
più formativo e che i suoi corsi fossero più pesanti ma
completi.
Però ora sono in un nuovo corso di laurea e devo ringraziare chi
l'ha pensato. A Matematica ho trovato fino ad ora SEMPRE persone
disponibili,
sia prima che dopo il mio trasferimento, sia prima, durante e dopo i
vari
corsi. Non mi sembra giusto non sottolineare il positivo del loro
lavoro.
I loro corsi triennali sono equilibrati e ben PENSATI. I miei bassi
voti
è vero che vengono risaltati ed i miei esami più pesanti
svalutati ma sono stai considerati tutti anche se dati tanti anni fa
con
grande disponibilità e sensibilità per la mia persona.
Dopo un intervento in cui ho urlato con rabbia la mia frustazione
per essere trovato vittima degli eventi mi sembrava giusta ringraziare
tutti i professori che come lei lavorano per renderci migliori a
prescindere
dagli ordinamenti e dalle ore che hanno a disposizione. Loro mi stanno
rendendo piacevole questo periodo della mia vita ed è giusto
comunque
ricordarlo. Le chiedo di pubblicare il prima possibile questo
intervento
affiancandolo al precedente.
Ps: ai ragazzi che ho "offeso" solo una precisazione; non pensate
e scrivete in una sola direzione, al primo volevo solo dire che
probabilmente
non ha una mente contadina, non è un mediocre come crede
d'essere
ma non è neanche l'unico che studia con passione, nel secondo,
ho
notato un po' d'arroganza (che distingue anche me) ed ho cercato
"arrogantemente"
di pungerlo sul vivo... Comunque, ragazzi l'università è
bella perchè gente come noi (forse diversa o forse no...) trova
tempo per scrivere ad un professore che trova tempo per
ascoltarci!
Buon lavoro a tutti!
Controreplica (Stud1)
(20/2/2003) Salve.
Sono il fondatore della "Setta degli Ingegneri Atipici" e scrivo
per rispondere all'amico matematico che mi ha tirato in ballo. Non
scrivo
per amor di provocazione, semmai perché rispondere mi sembra
dovere
di chi partecipa al forum. A tal proposito chiedo scusa per il
probabile
ritardo con cui me ne vengo, ma non passo da queste parti troppo
spesso.
Un calligrafo è per definizione un artista che cura
eccessivamente
la forma: essere un calligrafo non significa quindi essere un mediocre.
Dei cinque anni passati alle Aldini mi restano solo certi refrain
da barzelletta spicciola, altro che professionalità! Quella che
alle Aldini, dandosi un sacco di arie, chiamano "cultura tecnica"
è
l'infinito abbassato al livello dei barboncini. La nuova riforma delle
facoltà di ingegneria è figlia anche del drammatico
fallimento
della scuola superiore (in primis degli istituti tecnici).
Sull'argomento studio, studenti ed università, mi permetto
di rispondere riportando un breve estratto da un articolo scritto da un
nostro socio, diplomato al liceo classico e poi iscrittosi ad
ingegneria.
Vi sono alcune brillanti intuizioni che, sono sicuro, non mancheranno
di
interessare chi legge. "Si studia desiderando: è l'etimo di
studio.
Questo è lo studio, una faccenda molto privata. La scuola, da
skolè,
è il corpo insegnante, confraternita laddove s'insegna e non mai
dove s'apprende. Una palestra dove ci si va a rilassare, a dispetto del
corpo insegnante: questa è la scuola. Lo studente, o lo
studière,
è colui che desidera: scuola e studio sono quindi un'antitesi.
Non
si può apprendere dove si insegna; per apprendere bisogna
disapprendere,
altrimenti si fa doppia fatica, ore buttate via. Dopo poche settimane
di
lezione, l'università per me si ridusse presto alla
facoltà
di medicina, sala di anatomia, dove bisognava avere stomaco e dove
accadevano
cose interessantissime. I corpi vivisezionati e finalmente quei sani
svenimenti,
quelle mancanze, quegli abbandoni senza artifizi delle studentesse. Le
ragazze svenivano e noi, io ed i miei amici, le soccorrevamo. In
anatomia,
chiunque era un tombeur de femmes.''
Intervento (26/11/2007) Salve a tutti.
sono stato uno studente del prof. Ferri di qualche anno fa; recentemente
mi è capitato di scorrere tra le pagine del Forum...Ricordate le critiche
mosse al corso di G&A L-A??
Ebbene, una fra tutte era (e per qualcuno è tuttora!) il livello troppo
elevato di astrazione degli argomenti trattati durante il corso.
Ora, qualcuno di voi ha visto il film "A Beautiful Mind" (quello con Russel Crowe,x intenderci)??
Il film è ispirato alla storia di un certo John Nash, brillante matematico (e non solo) degli anni '50!
Appena terminata la visione del film ho cercato su Wikipedia qualcosa su di
lui, e nella stessa pagina c'era perfino il link della sua bozza di tesi di laurea:
vi dicono niente le parole "Giochi non-cooperativi" o meglio "Equilibrio di Nash"?!?
Veniamo al punto. Ho ritrovato diverse "mostruosità"(all'epoca le consideravo tali
ma, come insegna il prof. Ferri "sono solo strumenti matematici che mi aiutano ad
elevare il livello di astrazione!"), menzionate nel suo lavoro di tesi.
Gruppi, spazi vettoriali, permutazioni, automorfismi (simmetrie), simplessi,
linearità di certe funzioni, matrici per determinare lo spazio delle soluzioni!
Quale occasione, meglio di questa, per portare ad un livello pratico gli insegnamenti del corso?
Certo, ho "perso" un po' di tempo per leggere il trattato; occorrono delle
semplici nozioni di Analisi matematica e anche di Teoria delle probabilità
La soddisfazione però che si ha una volta letto il tutto, ripaga certamente
le ore di studio dedicate a queste materie...
Vorrei anche sottolineare come la straordinarie capacità di Nash di
descrivere problemi sotto un'ottica diversa dal consueto, lo hanno portato
a formulare queste teorie; capacità che lo hanno portato a vincere
il premio Nobel (pensate, per l'Economia!) nel 1994.
Un grazie ancora al Prof. Ferri per la tenacia (e la simpatia!) usate nel corso di G&A L-A;
spero che questo piccolo esempio possa aiutare a capire, a chi incontra per
la prima volta la materia, che in fondo queste nozioni sono usate in moltissimi
campi; e non sono poi così astratte!
Dimenticavo... posto il link alla sua bozza di tesi sui giochi non cooperativi
http://www.princeton.edu/mudd/news/faq/topics/Non-Cooperative_Games_Nash.pdf
D.
Premetto che apprezzo tanto la sua disponibilità nei confronti di noi
studenti, e la ringrazio per aver messo a disposizione un forum che ritengo
davvero utile (essendo, al tempo stesso, divertente e istruttivo).
Ciò che mi ha particolarmente colpito è che lei faccia di tutto per "stanare"
e convincere i periti ad analizzare il divario fra la mentalità che hanno
acquisito alle superiori e quella necessaria all’università (almeno in certi
insegnamenti, come ad esempio il suo), e che cerchi contemporaneamente di evitare
che la tipica presunzione di gran parte dei liceali (ossia di aver già una
conoscenza sufficiente) possa andare a discapito di loro stessi. A mio avviso,la
netta differenza esistente tra le rispettive impostazioni del liceo e dell’istituto
non va per niente sottovalutata, visto che - come lei osserva - all’università
è spesso causa di insuccessi, soprattutto a discapito dei periti
(educati ad un lavoro più esecutivo che teorico, al contrario dei loro
"avversari"). Mi piacerebbe molto intraprendere una conversazione sul confronto
tra liceali e periti, però - al fine di evitare equivoci - penso che dovrei colmare
il seguente dubbio (chiedo venia qualora la domanda dovesse risultarle ovvia):
dichiarando che l’ingegnere abbia come anime sia quella del liceale scientifico
sia quella del perito (cosa che io - essendo uno studente di statistica - penso
possa essere valida anche per la figura dello statistico, anche se ovviamente
quest’ultima ha affrontato studi più "leggeri"), lei si riferisce a tutti i
periti (indipendentemente dall’istituto tecnico di provenienza) oppure ad una
particolare cerchia (ad esempio, quelli provenienti dall’istituto industriale)? Il
problema è quello che segue: confrontandomi con altri studenti, sono giunto alla
conclusione (se dovesse apparirle infondata, chiedo nuovamente scusa) che la
maggior parte degli istituti (tecnici o professionali che siano) ha semplicemente
l’inutile scopo di "parcheggiare" ragazzi svogliati (o, comunque, non portati per
lo studio), evitando loro di darsi da fare "imparando il mestiere in bottega"
(come si faceva una volta). Pertanto, non condivido in pieno quanto riportato
nella frase: "l'istituto tecnico è il tipo di scuola che,in Italia, raggiunge
meglio il suo scopo!", dunque, tra il liceo e l’istituto penso sia il primo a
raggiungere meglio il proprio scopo, che è quello di preparazione ad affrontare
gli studi universitari: come lei dichiara, l’eventuale insuccesso del liceale all’università
è di solito provocato da una propria presunzione, ma, secondo me,
questa è da considerarsi un problema caratteriale del ragazzo, piuttosto che un
indice di inefficienza della scuola (la quale, ovviamente, non si pone
l'obbiettivo di fornire la vastissima preparazione universitaria, bensì si
preoccupa "umilmente" di fornire un valido metodo da applicare negli studi).
Semmai, penso che la frase appena riportata potesse andar bene fino a qualche
anno fa (magari quando lei era studente): a detta - ad esempio - dai genitori, so che
in tutti gli istituti (professionali compresi) si recavano anche ragazzi
piuttosto bravi ma che, al contempo, prevedevano di non fare l’università a causa
problemi economico-familiari. Invece,a mio avviso, oggi funziona più o meno così:
se non vai al liceo o in qualche istituto "serio" dopo essere uscito dalle
medie con "ottimo", vieni considerato un "tipo strano" (pura esperienza
personale!).
Adesso avrei una domanda riguardante l’università, anche se in realtà non è
prettamente didattica. Obiettivamente, qual è il corso più difficile: matematica,
fisica, chimica o corsi di ingegneria?
P.S. Per sentito dire, sapevo che i corsi previsti nella facoltà di ingegneria
fossero i più tosti in assoluto ma, dalle sue risposte nel forum, penso di aver
capito che per studiare matematica bisogna avere un cervello pazzesco: in
particolare, mi viene in mente una postilla in cui lei dichiara sia di aver
convinto sua figlia a lasciar perdere l’idea di iscriversi a matematica, sia che
poi la stessa ha intrapreso brillantemente gli studi ingegneristici!)..
R. Uhhh! Mi sa che tu cerchi guai, caro amico! Se passa di qua qualche perito,
mi aspetto che volino scintille!
Intanto ti dico la mia. Prima di tutto, non sono affatto sicuro che un ingegnere sia un misto
di perito e liceale scientifico: è una mia impressione, ma in fondo io ingegnere non sono...
Poi, via, capisco che tu voglia provocare, ma non credo minimamente (sono sincero) che negli istituti
tecnici e professionali si batta la fiacca. Devo anche a malincuore segnalare che tanti ragazzi,
dopo la laurea in matematica, hanno benedetto il fatto di essere passati per l'istituto tecnico o
per ragioneria, perché alla fine era stata quella esperienza scolastica a dar loro
un'immediata capacità lavorativa, certamente molto arricchita e fecondata dallo studio teorico.
Da me passano soprattutto ragazzi provenienti dai licei scientifici e dagli istituti tecnici industriali.
Ricordo però, per esempio, un bravissimo geometra che si era messo in testa di darsi una
formazione informatica, per poter poi occupare la "nicchia ecologica" del software per ingegneria civile
(poi però è diventato docente universitario...).
Inoltre potrei darti diversi esempi di ragazzi del professionale che, con umiltà e tenacia
esemplari, sono riusciti a guadagnarsi anche delle medie elevate.
Quanto alla difficoltà dei diversi corsi di studio, credo che sia molto soggettiva. Credo di averlo
già detto in un'altra risposta: io avrei fatto una terribile fatica ad Ingegneria; troppe materie troppo
diverse. D'altra parte ricordo bene la difficoltà di alcuni miei colleghi studenti nell'adeguarsi
alla particolarissima mentalità del corso di laurea in Matematica. Di oggettivo, però,
c'è senz'altro l'enorme carico didattico che grava sui nostri poveri ragazzi d'Ingegneria; senz'altro
è superiore a quello di Matematica e, vedendo mio figlio, direi anche di Statistica (altro corso di laurea in cui
io avrei sofferto moltissimo). In quanto a mia figlia Magda, la mia "campagna anti-matematica" era dovuta alla mia
convinzione che lei non avesse una chiara idea di ciò che il matematico studia e fa. Per concludere, ti garantisco
che ho conosciuto qualche laureato in Matematica veramente stupido e molti laureati in Ingegneria veramente
intelligentissimi.
Riporto qui le osservazioni avanzate nei questionari del corso (classico) di Geometria e Algebra di Bologna dell'a.a. 1998-'99 (indicato come BO99), del corso di Geometria e Algebra di Cesena dell'a.a. 1998-'99 (Ce99) e dell'a.a 1999-2000 (Ce00) sotto la voce "Quali sono i maggiori difetti del docente?" e mi permetto di rispondere. Chissà che non s'inneschi finalmente una discussione? Sì, sì, ho avuto anche molti giudizi lusinghieri (voce "pregi del docente") e anche punteggi elevati nelle domande specifiche (quelle della risposta col pallino): ve ne sono veramente MOLTO grato e ne sono spudoratamente fiero (ho fatto leggere tutto anche ai miei familiari!). Anzi, devo dire che molti commenti positivi "neutralizzano" quelli negativi (esempio: "Non si accorge dell'indifferenza generale" <--> "Riesce a tenere alta l'attenzione", oppure "È troppo astratto" <--> "Fa molti esempi concreti"), però intendo prendere molto sul serio le obiezioni; in particolare sono preoccupato per il basso punteggio raggiunto da tre domande importanti:
"Rispetto agli scopi del corso di laurea/diploma gli obiettivi di
questo insegnamento sono pertinenti?"
"Gli scopi e il programma di questo insegnamento sono stati chiari
sin dall'inizio?"
"I nessi fra le diverse parti dell'insegnamento sono chiari?"
Evidentemente sono stato carente su tre punti che mi stanno molto a cuore. Purtroppo, con il nuovo corso di sei settimane tutti i discorsi di contorno (motivazioni, applicazioni, collegamenti) saranno ancora più sacrificati. (Postilla: fortunatamente l'esperimento delle sei settimane non è stato ripetuto e si è passati a undici, ancora insufficienti, ma molto più adeguate).
Ecco dunque le osservazioni (O.) personali dei miei studenti
e le mie risposte (R.).
Bologna
O. Troppo preciso. (BO99)
R. Be', visto che ho sempre timore di essere invece troppo superficiale, questa osservazione sinceramente mi rinfranca...
O. Appesantisce, a volte, le lezioni con molte definizioni talvolta difficili. (BO99)
R. La difficoltà (e necessità) delle definizioni è uno dei problemi maggiori nell'insegnamento e nella divulgazione della matematica. Quando devo imporre una definizione apparentemente innaturale, mi sforzo di darne ragione, ma non posso insistere troppo, perché altrimenti interviene una caduta di attenzione difficilmente recuperabile.
O. A volte va troppo in fretta.
Presuppone velocità di apprendimento e comprensione nel corso
delle lezioni.
Spiega velocemente.
A volte va un po' veloce in cose difficili e viceversa.
A volte accelera verso la fine della lezione.
Spiegazioni rapide al termine della lezione.
(BO99)
R. Punto delicato ed importante, questo. Sulla "velocità media" purtroppo posso fare poco, visto che sono molti gli argomenti da trattare in un corso minimamente decente, e il tempo a disposizione è sempre meno. Invece sto cercando di ovviare al difetto dell'accelerazione al termine della lezione, che riconosco purtroppo esistente. Interessante il fatto che io vada talvolta veloce su argomenti difficili e (mi par di capire) lento su argomenti facili: dipende senz'altro dal distorto punto di vista di chi questa materia la macina da molti anni. Aiutatemi - se possibile - con esempi specifici. Per quanto riguarda la velocità di apprendimento, questa è sempre più imposta dalla compressione dei corsi in poche settimane. Sono assolutamente solidale con voi, ma è il prezzo da pagare per avere corsi intensivi e quindi migliori opportunità di sostenere gli esami. Provate ad ovviare frequentando maggiormente il ricevimento studenti.
O. Assistenti non all'altezza.
Collaboratori poco comprensibili.
(BO99)
R. Quelli che normalmente sono chiamati "assistenti" sono in realtà studenti del dottorato di ricerca. Sono molto preparati, ma devono raccordare le loro nozioni con le esigenze di un pubblico alle prime armi. Trovo che possa essere stimolante per voi essere a contatto con menti nel pieno della loro crescita come ricercatori; per loro è un'importante occasione per riesaminare in modo nuovo delle nozioni elementari e per mettere a punto un'esperienza didattica che da qualche parte devono pur compiere.
O. Dà troppa importanza ad alcuni studenti
particolarmente
ambiziosi.
Pregiudizi nei confronti del loggione (aula Pincherle).
Dà i soprannomi.
(BO99)
R. Altro punto molto delicato: il rapporto diretto con gli
studenti.
Ritengo molto importante avere un colloquio con gli studenti in aula:
non
ho mai sopportato quelli, fra i miei professori, che sembrava
parlassero
con la lavagna o con la parete. Allora come fare? Nomi non ne voglio
proprio
sapere, perché non voglio avere alcuna opportunità di
riconoscere
il figlio del collega o dell'amico. Dunque i soprannomi, che spero non
siano mai risultati offensivi. Per quanto riguarda il "loggione" e in
generale
le ultime file, cerco di coinvolgere persone che si sentono escluse
fisicamente
perché non sono arrivate mezz'ora prima a prendere i posti
davanti;
e sì, cerco anche di coinvolgere quelli che si imboscano in
fondo:
perché, volete forse dire che non ci sono? :-) Forse il mio
"coinvolgimento"
è un po' provocatorio: ci starò attento. Altro punto: il
dialogo avviene con non più di una decina di persone (quelle
appunto
dei soprannomi). L'importanza la do - mi sembra - agli interventi
più
che alle persone. Una lezione che contenga una parte di dialogo
permette
di smussare certe difficoltà e di tener presente il punto di
vista
degli studenti. Credo di poter garantire che gli studenti che
intervengono
NON hanno alcun vantaggio all'esame.
AGGIUNTA del 2002: mi sto abituando a non usare soprannomi; ciò
comporta che mi debba rivolgere agli studenti con dei primitivi "Ehi,
tu!
No, quell'altro", visto che 1) non rinuncio all'interazione durante le
lezioni, 2) non voglio conoscere i "veri" nomi dei miei interlocutori.
O. La barba. (BO99)
R. Perché non mi hai visto senza! :-)
O. Loda ostinatamente e pervicacemente il corso di
diploma
di Cesena. Caro zio Ferri, ma il suo figliolo lo manderà davvero
a Cesena come vorrebbe per nojaltri?? Mediti, prima di aprir invano
bocca
per pronunciare simili discorsi! (BO99)
R. Passiamo sopra al tono, che mi sembra un po' ... scomposto. Mio figlio si è piuttosto alterato: giustamente sarà lui a decidere per se stesso. Che consigli gli darò? Senz'altro sarei contento che scegliesse (sempre che vada all'università) Scienze motorie (ISEF). SE scegliesse Ingegneria - evenienza che per fortuna mi pare molto improbabile - farei di tutto per convincerlo a non iscriversi al corso di laurea (se sarà ancora quinquennale come adesso); Cesena o Forlì sarebbero OTTIME soluzioni. Perché pensi che io imbrogli riguardo ai diplomi? Sono davvero molto fiero di quello che siamo riusciti a realizzare: i nostri studenti si diplomano nei tempi previsti e trovano immediatamente un lavoro confacente alle loro competenze e aspirazioni. Sta' attento, perché te li troverai come concorrenti agguerriti (e più giovani) nel mondo del lavoro! :-)
Postilla del 2003: mio figlio è felicemente iscritto a "Statistica, impresa e mercato". L'avevo convinto a presentarsi al test di ingresso di Ingegneria ed era sorprendentemente andato molto bene (a scanso di equivoci: per quest'anno avevo sospeso la mia partecipazione alla commissione nazionale test). A questo punto gli era venuta la tentazione di iscriversi a Ing. Gestionale, ma sono riuscito a dissuaderlo: ama troppo la (bella) vita :-)
O. Indifferenza sulla disattenzione di molti.
Indifferenza sulla disattenzione generale.
(Ce99)
R. Che molti fossero disattenti è vero; la maggioranza però seguiva, e un'ampia minoranza seguiva anzi con interesse. Ho fatto di tutto per stimolare anche quelli che giocavano a carte là in fondo, per esempio chiedendo cosa fosse appena stato detto, o facendo domande semplici. Certo, non ho voglia di stare a tenere la disciplina come alle superiori. Siete venuti all'università, comportatevi voi di conseguenza. Lo so che siete obbligati a stare in aula (infatti questo rilievo non mi viene mosso a Bologna, dove la frequenza è sostanzialmente facoltativa): se la materia è difficile, dovete anche voi fare uno sforzo. Da parte mia ci metto: ripetizioni frequenti per recuperare chi non ha studiato; esempi di carattere vario, se possibile inerenti alle materie ingegneristiche; il tentativo non sempre felice (vedi dopo) di sdrammatizzare la materia; un bel po' di pazienza, anche se poi qualcuno dice:
O. Poca pazienza.
Si arrabbia facilmente.
(Ce99)
R. Se uno è "indifferente" a quello che spiego, penso che sia in buona parte un problema suo (se non è condiviso dalla maggioranza, ovviamente). Ma se la sua condotta ostacola il mio lavoro, mi dispiace: mi arrabbio.
O. Vive in un mondo tutto suo di casette e cannoncini. (Ce99)
R. Visto cosa succede a tentare di spezzare l'indifferenza con un esempio pittoresco? :-)
O. Non risoluzione delle prove degli anni passati. (Ce99)
R. Non è proprio così: nello (scarsamente
frequentato)
ricevimento studenti ho SEMPRE dato spiegazioni sulle prove precedenti.
Nell'a.a. 1999-2000 ho anche introdotto nelle esercitazioni qualche
risoluzione
di prove passate, anche se mi sembrerebbe più opportuno
risolvere
esercizi diversi, visto che per quelle c'è appunto il
ricevimento.
AGGIUNTA del 2002: ho accolto molto malvolentieri (per le ragioni che
illustro in un'altra risposta) la ripetuta
richiesta
di fornire le soluzioni.
O. Dato che Geometria e Algebra non serve a niente, evitiamo di farla.
R. Evidentemente non sono riuscito a spiegarti come l'algebra lineare pervada tutta l'ingegneria. Mi rincresce molto. Spero che tu abbia almeno avuto modo di rendertene conto nel seguito degli studi.
O. Troppo puntiglioso.
Troppo fiscale.
Troppa rigidità con la burocrazia.
(Ce00)
R. Penso che questi rilievi si riferiscano alla valutazione delle prove d'esame. Il mio tentativo è di essere il più uniforme possibile: questo ovviamente impone una certa rigidità. Se si tratta di qualcos'altro, vorrei che foste più circostanziati.
O. Manifesta troppo le preferenze per alcune alunne con "simpatici" soprannomi. (Ce99)
R. Mi sento totalmente tranquillo nell'asserire che non ho preferenze. I compiti mi arrivano con un numero di matricola senza sesso, foto, nome (o soprannome). Come ho detto sopra, cerco di instaurare un dialogo con studenti (maschi o femmine) che in qualche modo abbiano voglia di interagire. Per i soprannomi, è possibile che ci sia stata qualche scelta infelice, ma proprio con le ragazze cerco con ancor maggior cura di non dar adito a malintesi.
O. Fa il simpatico anche quando non deve.
Fa il simpatico anche se non lo è.
Umorismo non felice.
Umorismo giapponese.
È un po' scemo.
(Ce99)
Fa finta di essere simpatico. (Ce00)
R. Ancora un punto delicato. Evidentemente non sono un
comico,
né vorrei esserlo o sembrarlo. Ritengo però importante
fare
qualche battuta per raggiungere diversi obiettivi: 1) rompere la noia
della
sequenza Definizione - Proposizione - Esempio ecc.; 2) sdrammatizzare
la
materia, mostrando che è una cosa a portata di esseri umani; 3)
offrire un punto di vista diverso su un argomento, attraverso metafore
(le mie battute sono normalmente "pertinenti"); 4) favorire la
memorizzazione
(seguendo le più affermate tecniche mnemoniche, che richiedono
accostamenti
arditi e possibilmente comici). Evidentemente, troppi obiettivi seri
perché
le battute risultino efficaci per tutti!
Comunque ho il conforto di un collega autorevole: "Il buon insegnamento è per un quarto preparazione e tre quarti teatro" (Galileo Galilei).
O. Non fa pause. (Ce99)
R. Nell'a.a. 1999-2000 ho introdotto, a Cesena, (brevi) pause.
O. Fa pause troppo brevi. (Ce00)
R. Ehhh, me l'aspettavo. :-)
O. Alcune volte gli argomenti rimangono su un piano troppo astratto. (Ce00)
R. Me ne rendo conto, ma è sempre questione della "coperta troppo corta": o svolgo meno argomenti (ma il corso è già ridotto all'osso), o risolvo meno esercizi, o faccio meno esempi.
O. Ripetitività.
Mancata ripetizione di argomenti difficili.
(Ce00)
R. è sempre difficile trovare un equilibrio, come si può vedere.
O. È un po' palloso.
È simpatico ... ma a volte fa dormire.
Un cabarettista mancato ... anche se con effetto sonnifero.
(Ce00)
R. Accidenti, meno male che ho trovato 'sto lavoro! :-)
O. Mangia derivati di animali. (Ce00)
R. Come hai fatto a scoprirlo??